Terme di Diocleziano
Museo Nazionale Romano
- Indirizzo
Via Enrico de Nicola, 78 - 00185 Roma - Telefono
06 684851 - E-mail
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Le Terme di Diocleziano, le più grandi fra le terme della Roma antica, furono iniziate nel 298 dall'imperatore Massimiano, nominato Augustus dell'Impero romano d'Occidente da Diocleziano, e aperte nel 306, dopo l'abdicazione di entrambi. Si trovavano tra le attuali piazza della Repubblica, piazza dei Cinquecento, via Volturno e via XX Settembre, in un'ampia area in cui sono ancora conservati cospicui resti, anche grazie al plurisecolare riuso delle antiche rovine.
Nel 1889 il governo del Regno d'Italia pose qui la prima sede del Museo Nazionale Romano.
Le terme furono costruite per servire i popolosi quartieri del Quirinale, Viminale ed Esquilino, e per la loro realizzazione fu smantellato un intero quartiere, con insulae ed edifici privati regolarmente acquistati e con lo sconvolgimento della viabilità preesistente. L'iscrizione dedicatoria, divisa in otto frammenti ed oggi ricomposta nell'aula di ingresso del Museo delle Terme, recita:
«I nostri signori Diocleziano e Massimiano invitti, Augusti "seniores", padri degli Imperatori e dei Cesari, e i nostri signori Costanzo e Massimiano invitti Augusti, e Severo e Massimiano nobilissimi Cesari, dedicarono ai loro Romani le terme felici Diocleziane, che Massimiano Augusto al suo ritorno dall'Africa, in presenza della sua maestà decise e ordinò di costruire e consacrò al nome di Diocleziano, suo fratello, acquistati gli edifici ad un'opera di tanta grandezza, e completate sontuosamente in ogni particolare»
Da questa si sono desunte le date di edificazione: dopo che Massimiano tornò dall'Africa nell'autunno del 298 e dopo che Diocleziano e Massimiano abdicarono il 1º maggio del 305, ma prima che morisse Costanzo Cloro, il 25 luglio 306. Per far posto alla gigantesca costruzione vennero demoliti molti edifici, alcuni dei quali vennero scavati in piazza della Repubblica mentre si costruiva la fermata della Metropolitana. L'edificio era in mattoni, tutti con bolli del periodo dioclezianeo, sebbene all'epoca l'uso dei bolli laterizi fosse declinato: probabilmente venne ripreso proprio per costruire le terme.
Nonostante i saccheggi di Goti e Vandali, le terme rimasero almeno parzialmente in uso fino al 537, quando i Goti di Vitige tagliarono gli acquedotti (lo stesso Belisario, del resto, ne murò gli accessi attraverso le mura per impedire al nemico di penetrare segretamente in città).
Simili nella forma alle Terme di Caracalla (che a loro volta si ispiravano alle Terme di Traiano), ma ampie il doppio, le Terme di Diocleziano subirono il destino della grandissima parte dei monumenti romani, utilizzate nei secoli come cava di materiali edili anche di pregio da riutilizzare per altre costruzioni, mentre le aule venivano adibite a vari usi privati e perfino come luogo di doma dei cavalli. Particolarmente grave l'opera di distruzione perpetrata tra il 1586 e il 1589 da papa Sisto V che, per la costruzione della sua villa sull'Esquilino, demolì, anche con l'ausilio di esplosivi, resti nella zona del calidarium rapportabili a circa 100000 m³ di materiale. Altri sventramenti verranno poi eseguiti per l'apertura di piazza dei Cinquecento, di piazza della Repubblica e per alcune delle strade circostanti finché, solo agli inizi del Novecento, si cominciò a provvedere ad opere di restauro e consolidamento di ciò che rimaneva.
Le rovine mantenevano però un'innegabile imponenza, che richiamò ed ispirò gli artisti dal Quattrocento in poi: il Palladio, ad esempio, le disegnò interamente.
La straordinaria vastità dell'impianto, e la sua distanza dai luoghi in cui si era ristretta la scarsa popolazione romana dopo la caduta dell'impero, fecero sì che dal XVI secolo in poi diverse strutture edilizie si annidassero nel grande recinto che - ancora integro nel XVIII secolo, come si vede nella pianta del Nolli - è giunto tuttavia fino ai nostri giorni ancora ben riconoscibile.
Furono le più grandi e sontuose terme costruite a Roma. Poste sul colle Viminale, in un recinto di 380 x 365 m, occupavano quasi 14 ha, e ancora nel V secolo Olimpiodoro affermava che contavano 2400 vasche. Il blocco centrale misurava 250 x 180 m e potevano accedere al complesso fino a tremila persone contemporaneamente. Per dare l'idea della loro maestosità, è sufficiente ricordare che il colonnato semicircolare dell'attuale piazza della Repubblica (già piazza Esedra), realizzato alla fine dell'Ottocento da Gaetano Koch, ricalca esattamente l'emiciclo dell'esedra delle Terme.
Erano alimentate da un ramo dell'Acqua Marcia che partiva da Porta Tiburtina e, con un tragitto ad arcate utilizzato fino al 1879 dall'Acqua Felice, conduceva l'acqua in una cisterna lunga più di 90 m, detta la botte di Termini; fu distrutta nel 1876 per fare spazio alla Stazione Termini, che prese il nome dalle "terme" stesse.
ORARI
Dal martedì alla domenica dalle ore 11.00 alle ore 18.00
La biglietteria chiude alle ore 17.00
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