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Ugo Marano. Le stanze dell’utopia

Ugo Marano. Le stanze dell’utopia

Museo Madre

mostre

Ugo Marano. Le stanze dell’utopia

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Ugo Marano. Le stanze dell’utopia
EVENTO TERMINATO
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Museo Madre
Via Settembrini, 79 80139 Napoli

Ugo Marano

Le stanze dell’utopia

a cura di Stefania Zuliani e Antonello Tolve

Il Madre, museo d’arte contemporanea della Regione Campania, presenta Ugo Marano Le stanze dell’utopia, a cura di Stefania Zuliani e Antonello Tolve.

La mostra, fortemente voluta anche dal Presidente della Regione Campania Vincenzo De Luca, propone oltre 40 opere, tra cui una – Papà non c'è (1987) – mai esposta al di fuori della casa-studio di Capriglia: sculture, installazioni, disegni, dipinti e libri d’artista dalla fine degli anni Sessanta al 2010 danno vita ad un vero e proprio racconto del lavoro di Marano, declinato attraverso le linee guida che hanno orientato la sua attività. Un percorso di arte e di pensiero che ha riconosciuto nell’utopia la sua forza e il suo movente, non strutturato secondo ordine cronologico né in base ad una selezione per tecniche e materie, ma scandito in sette sezioni, in sette idee di Casa, Corpo, Tempo, Arte, Scrittura, Natura, Legame.

Il lavoro di Ugo Marano testimonia uno stretto legame con la natura, matrice stessa del suo agire artistico, la cui energia metamorfica non viene rappresentata tal quale, ma tradotta e restituita nella sua vitalità. Non c’è una tecnica privilegiata per questa traduzione di energia, per la messa in concetto e quindi per la messa in forma della continua metamorfosi naturale. Nel 1969 Marano ha scelto ad esempio la ceramica (arte regina) per ricreare l’orizzonte instabile del mare dando vita al primo antipavimento, e tante volte nel corso degli anni ha continuato ad affidare alla ceramica il suo racconto marino: la musicale sequenza di Onde (1981) qui esposta ne è prova lampante.

La ceramica diviene testimonianza anche del rapporto dell’artista con il territorio e con alcuni elementi della sua tradizione: sono ricorrenti, infatti, opere che rimandano all’esperienza dei Vasai di Cetara e a Rufoli, terra di argille pregiate dove la cottura della terracotta è un’arte e un rito collettivo, come racconta il Museo Città Creativa di Ogliara che proprio in Marano ha avuto il suo ispiratore. In mostra sono presenti alcune opere che rimandano alla sua ricerca condotta sul vaso, parte di una ben più ampia serie che l’artista ha realizzato agli inizi degli anni 2000.

Altro elemento ricorrente, ben riconoscibile nel percorso espositivo, è la sedia, emblema di una visione dell’arte che non tende ad ottenere un facile risultato ma a elaborare senza sosta nuove strategie di vita e di pensiero: e del resto «i conti con le idee si fanno da una sedia scomoda. Le poltrone rendono le idee soffici: è l’inganno della poltrona».

La scrittura, il segno che diviene disegno e parola sulla pagina bianca o sulla superficie dell’opera, accompagna tutto il percorso di Ugo Marano. L’esercizio della scrittura ha per l’artista un valore almeno duplice, rappresentando sia il momento di analisi delle ragioni e delle procedure che conducono all’opera sia lo spazio di un’invenzione libera, giocosa, a volte ironica ma sempre poetica.

Due momenti che non si escludono a vicenda e che spesso convivono nello stesso testo: gli scritti dell’artista, è stato Filiberto Menna a sottolinearlo presentando nel 1972 il lavoro di Marano alla galleria Schneider di Roma, offrono certo «la chiave per capire più in profondità i disegni e le sculture», ma aprono anche a più ampi orizzonti di senso, creando scenari visionari o restituendo tracce di incontri ed esperienze di vita.

Che si sviluppi nelle pagine spesso quadrate e minute dei tanti libri realizzati in edizioni artigianali e volutamente povere, fogli fotocopiati e piegati con cura, dove alla copertina segue talvolta una pagina d’amore e non di tipografico rispetto, o che s’incida con pazienza nella materia, come accade nell’opera Papà non c’è (1987), abbraccio di parole e di umile terra che tuttora accoglie i visitatori della casa studio di Capriglia, la scrittura è per Marano l’occasione di un dialogo necessario.

Nel suo appartato procedere, la ricerca di Ugo Marano non ha mai rinunciato alla condivisione dell’esperienza e del pensiero. Le sue due case sono state nel corso degli anni crocevia di incontri e fabbriche di connessioni, cantieri di idee che hanno costruito legami, connessioni, partecipazioni. Lo Psicocesso (1978), realizzato nei grandi spazi dello studio di Capriglia è, in questo senso, opera esemplare. Si tratta di un dispositivo di relazione che insieme all’artista ha messo alla prova numerosi ma sempre scelti partecipanti (tra gli altri, Tomaso Binga e Filiberto Menna) chiamati a mettere in gioco se stessi in un momento da sempre privato: una sfida, una forzatura che rompe gli schemi e costringe ad una rischiosa comunione. A chi si avvicina alla sua opera Marano richiede un’assunzione di responsabilità, proponendo un lavoro di lenta cucitura e contestualmente uno sforzo di congiunzione di cui Ego strumento è insieme immagine e risultato, persino manifesto, grazie alle riflessioni che vi si avvolgono in sinuosa scrittura.

ORARI

Lunedì, Mercoledì, Giovedì, Venerdì e Sabato: dalle ore 10.00 alle ore 19.30
Domenica: dalle ore 10.00 alle ore 20.00

Ingresso gratuito dalle ore 18.30.

L’ultimo accesso è un’ora prima della chiusura.
Martedì: giorno di chiusura settimanale.

BIGLIETTI

Intero: 8 euro
Ridotto: 4 euro

COME ARRIVARE

Metropolitana Linea 1 — fermata Museo
Metropolitana Linea 2 — fermata Piazza Cavour

Dall’aeroporto di Capodichino

AliBus, partenza ogni 30 minuti ca. Scendere alla fermata Stazione Centrale/piazza Garibaldi, da qui prendere la Metropolitana Linea 2 fino a Piazza Cavour.

Taxi, circa 10/15 minuti.

Dalla Stazione Centrale

Metropolitana Linea 2. Scendere alla fermata Piazza Cavour.

Taxi, circa 5 minuti.

Escursione di un giorno a Pompei e Capri
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Ugo Marano

Le stanze dell’utopia

a cura di Stefania Zuliani e Antonello Tolve

Il Madre, museo d’arte contemporanea della Regione Campania, presenta Ugo Marano Le stanze dell’utopia, a cura di Stefania Zuliani e Antonello Tolve.

La mostra, fortemente voluta anche dal Presidente della Regione Campania Vincenzo De Luca, propone oltre 40 opere, tra cui una – Papà non c'è (1987) – mai esposta al di fuori della casa-studio di Capriglia: sculture, installazioni, disegni, dipinti e libri d’artista dalla fine degli anni Sessanta al 2010 danno vita ad un vero e proprio racconto del lavoro di Marano, declinato attraverso le linee guida che hanno orientato la sua attività. Un percorso di arte e di pensiero che ha riconosciuto nell’utopia la sua forza e il suo movente, non strutturato secondo ordine cronologico né in base ad una selezione per tecniche e materie, ma scandito in sette sezioni, in sette idee di Casa, Corpo, Tempo, Arte, Scrittura, Natura, Legame.

Il lavoro di Ugo Marano testimonia uno stretto legame con la natura, matrice stessa del suo agire artistico, la cui energia metamorfica non viene rappresentata tal quale, ma tradotta e restituita nella sua vitalità. Non c’è una tecnica privilegiata per questa traduzione di energia, per la messa in concetto e quindi per la messa in forma della continua metamorfosi naturale. Nel 1969 Marano ha scelto ad esempio la ceramica (arte regina) per ricreare l’orizzonte instabile del mare dando vita al primo antipavimento, e tante volte nel corso degli anni ha continuato ad affidare alla ceramica il suo racconto marino: la musicale sequenza di Onde (1981) qui esposta ne è prova lampante.

La ceramica diviene testimonianza anche del rapporto dell’artista con il territorio e con alcuni elementi della sua tradizione: sono ricorrenti, infatti, opere che rimandano all’esperienza dei Vasai di Cetara e a Rufoli, terra di argille pregiate dove la cottura della terracotta è un’arte e un rito collettivo, come racconta il Museo Città Creativa di Ogliara che proprio in Marano ha avuto il suo ispiratore. In mostra sono presenti alcune opere che rimandano alla sua ricerca condotta sul vaso, parte di una ben più ampia serie che l’artista ha realizzato agli inizi degli anni 2000.

Altro elemento ricorrente, ben riconoscibile nel percorso espositivo, è la sedia, emblema di una visione dell’arte che non tende ad ottenere un facile risultato ma a elaborare senza sosta nuove strategie di vita e di pensiero: e del resto «i conti con le idee si fanno da una sedia scomoda. Le poltrone rendono le idee soffici: è l’inganno della poltrona».

La scrittura, il segno che diviene disegno e parola sulla pagina bianca o sulla superficie dell’opera, accompagna tutto il percorso di Ugo Marano. L’esercizio della scrittura ha per l’artista un valore almeno duplice, rappresentando sia il momento di analisi delle ragioni e delle procedure che conducono all’opera sia lo spazio di un’invenzione libera, giocosa, a volte ironica ma sempre poetica.

Due momenti che non si escludono a vicenda e che spesso convivono nello stesso testo: gli scritti dell’artista, è stato Filiberto Menna a sottolinearlo presentando nel 1972 il lavoro di Marano alla galleria Schneider di Roma, offrono certo «la chiave per capire più in profondità i disegni e le sculture», ma aprono anche a più ampi orizzonti di senso, creando scenari visionari o restituendo tracce di incontri ed esperienze di vita.

Che si sviluppi nelle pagine spesso quadrate e minute dei tanti libri realizzati in edizioni artigianali e volutamente povere, fogli fotocopiati e piegati con cura, dove alla copertina segue talvolta una pagina d’amore e non di tipografico rispetto, o che s’incida con pazienza nella materia, come accade nell’opera Papà non c’è (1987), abbraccio di parole e di umile terra che tuttora accoglie i visitatori della casa studio di Capriglia, la scrittura è per Marano l’occasione di un dialogo necessario.

Nel suo appartato procedere, la ricerca di Ugo Marano non ha mai rinunciato alla condivisione dell’esperienza e del pensiero. Le sue due case sono state nel corso degli anni crocevia di incontri e fabbriche di connessioni, cantieri di idee che hanno costruito legami, connessioni, partecipazioni. Lo Psicocesso (1978), realizzato nei grandi spazi dello studio di Capriglia è, in questo senso, opera esemplare. Si tratta di un dispositivo di relazione che insieme all’artista ha messo alla prova numerosi ma sempre scelti partecipanti (tra gli altri, Tomaso Binga e Filiberto Menna) chiamati a mettere in gioco se stessi in un momento da sempre privato: una sfida, una forzatura che rompe gli schemi e costringe ad una rischiosa comunione. A chi si avvicina alla sua opera Marano richiede un’assunzione di responsabilità, proponendo un lavoro di lenta cucitura e contestualmente uno sforzo di congiunzione di cui Ego strumento è insieme immagine e risultato, persino manifesto, grazie alle riflessioni che vi si avvolgono in sinuosa scrittura.

ORARI

Lunedì, Mercoledì, Giovedì, Venerdì e Sabato: dalle ore 10.00 alle ore 19.30
Domenica: dalle ore 10.00 alle ore 20.00

Ingresso gratuito dalle ore 18.30.

L’ultimo accesso è un’ora prima della chiusura.
Martedì: giorno di chiusura settimanale.

BIGLIETTI

Intero: 8 euro
Ridotto: 4 euro

COME ARRIVARE

Metropolitana Linea 1 — fermata Museo
Metropolitana Linea 2 — fermata Piazza Cavour

Dall’aeroporto di Capodichino

AliBus, partenza ogni 30 minuti ca. Scendere alla fermata Stazione Centrale/piazza Garibaldi, da qui prendere la Metropolitana Linea 2 fino a Piazza Cavour.

Taxi, circa 10/15 minuti.

Dalla Stazione Centrale

Metropolitana Linea 2. Scendere alla fermata Piazza Cavour.

Taxi, circa 5 minuti.


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